Repubblica.it di Benedetta Perilli
Bisognerebbe capire quali fossero le intenzioni di chi ha portato Zlatan Ibrahimovic sul palco di Sanremo prima di avviare una riflessione sul tipo di mascolinità – in molti la definiscono “tossica” – evocata dall’attaccante del Milan all’Ariston. Perché chi conosce la sua storia e il racconto che il calciatore fa di sé da sempre, e in particolare dopo il ritorno nel campionato italiano del 2019, sa che non c’è copione dietro al valletto muscoloso, divino, invincibile che sembra interpretare.
Non è un uomo di sport che recita l'uomo duro, Ibrahimovic è l'uomo duro e non è questo il luogo per capire come e dove questa immagine si sia formata e soprattutto se sia sbagliato trasmettere questa idea di maschio inarrestabile (neppure una coda di tre ore in autostrada può fermarlo) in prima serata. Ibrahimovic, ricordiamocelo, è quello che appena contratto il Covid-19 commentò: “Il virus mi sfida? Pessima idea”.
Il dato di fatto è che la sua presenza a Sanremo non sta entusiasmando il pubblico, almeno quello dei social che critica le gag inscenate con il presentatore Amadeus (probabilmente non la spalla ideale per uno come Ibra) giudicandole non divertenti. Non solo. Il portavoce del Partito Gay Fabrizio Marrazzo lo ha accusato di omofobia e discriminazione in particolare in riferimento alla battuta rivolta al presentatore nella quale il calciatore immaginava di trasmettere il Festival dalla sua abitazione.
“Cantanti in salotto, ragazze con Zlatan, tu in cucina a prepararmi il caffè”. “E Achille Lauro?”, domanda Amadeus. “Lo mettiamo in garage a controllare le macchine, i ladri non entrano e non rubano perché hanno paura di lui”. Un tono “denigratorio e machista”, spiega Marrazzo, che poi ricorda: “Ibrahimovic già nel 2010 in Spagna fece battute omofobe quando una giornalista gli chiese se era gay e lui rispose 'portami tua sorella' o le recenti offese da bullo razzista alla madre di Lukaku”.
Restando in tema gender il Festival è scivolato anche sulla consegna dei fiori alle sole donne, pratica costruita su stereotipi di genere ormai superati, che è stata interrotta da Francesca Michielin. La cantante, in gara con Fedez, ha passato nelle mani del collega il bouquet appena ricevuto da Amadeus dicendo: “Stasera i fiori vanno a lui”. E così hanno fatto anche Victoria dei Maneskin, passando i fiori a Manuel Agnelli, e Arisa, che li ha offerti a Michele Bravi.
Ma fiori a parte – sperando che la lezione sia stata recepita – resta il tema del macho Zlatan. Al di là dei comportamenti da “mascolinità tossica”, delle battute definite omofobe, del bullismo nei confronti di Amadeus, quello che colpisce del calciatore nei panni di presentatore è la quasi totale assenza di ironia. Elemento che contribuisce ad amplificare quasi tutto quello che è stato scritto fino a qui. Chissà quali erano le intenzioni di chi ha voluto Ibrahimovic a Sanremo, dicevamo? Se volevano un calciatore famoso per alzare lo share non avrebbero dovuto dimenticare che per piacere al pubblico, farlo divertire e magari perché no riuscire anche a essere inclusivi, non basta saper segnare un gol. Un dubbio resta: non sarebbe stato meglio chiamare Francesco Totti?