Dopo dieci anni di matrimonio e tre figli la Cassazione ha ritenuto l’omosessualità della moglie motivo valido per la deliberazione di una sentenza ecclesiastica di annullamento delle nozze. A nulla è servita la battaglia contro il “pregiudizio” del Pubblico Ministero Francesca Cerioni, invano schierata contro una «malattia» che «avrebbe minato il suo consenso». Anna, la donna che si è vista annullare il matrimonio, ha visto così definire il proprio orientamento sessuale, con l’aggiunta di essere giudicata come «affetta da disturbo grave della personalità».
Se quanto riportato dalle agenzie corrisponde anche alle motivazioni della Suprema Corte di Cassazione ci troviamo davanti ad un caso di forte discriminazione sia perché è ipocrita considerare nullo un matrimonio durato dieci anni e con tre figli e sia perché la motivazione psichiatrica nulla centra con l’essere lesbica come stabilito dall’OMS nel 1990, anche se questo viene stabilito da uno stato estero. Seguendo questa logica, altrimenti per assurdo, dovremmo anche convalidare in Italia le pene di morte o il carcere previsto per le persone LGBT (lesbiche, gay, bisex e trans) in altri paesi.
Chiediamo un chiarimento sulla vicenda in attesa di leggere la sentenza
Fabrizio Marrazzo, Portavoce Gay Center